- Provincia: Catania
- Città: Catania
- Coordinate: 37°30′09.61″ N 15°05′
- Altitudine: 7 m s.l.m.
- Superficie: 182,9 km²
- Abitanti: 311.777 (31-10-2018)
- Densità: 1.704,63 ab./km²
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- La Storia
- Cosa visitare
Architetture religiose - La festa di Sant'Agata
- Cosa visitare
Architetture civili - L'Etna
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La Storia
Distrutta 9 volte da terremoti, eruzioni e invasioni, la città di oggi, prevalentemente settecentesca, è il frutto della ricostruzione dopo il violentissimo terremoto del 1693
I primi nuclei abitativi nel suo territorio risalgono al VI-V millennio a.C., ma la fondazione di Catania risale al 729-728 a.C. da parte dei greci.
Nel 476 a.C. Gerone I di Siracusa ne fece la propria sede, sostituendo gli abitanti e mutandone il nome in Áitna. Questo stato di cose durò un quindicennio, dopo il quale la città riprese il precedente nome e riacquistò i suoi originari abitanti.
Durante la Guerra del Peloponneso si schierò con Atene contro Siracusa, la quale la conquistò e disperse nuovamente i suoi abitanti; Catania visse un periodo di declino, che si concluse con la conquista da parte dei romani nel 263 a.C. L’avvento dei romani trasformò Càtina (o Càtana) in una delle più importanti città dell’impero, con un intenso sviluppo urbano e la nascita di grandi edifici pubblici.
Nel VI secolo d.C., in seguito alla caduta dell'Impero Romano, la Sicilia venne conquistata dagli Ostrogoti, che ricostruirono le mura della città utilizzando le pietre dell'anfiteatro romano. Fu poi la volta dei Bizantini e nel IX secolo degli arabi. Nel 1071 viene conquistata dai Normanni e successivamente fu governata dagli Svevi, che costruirono il Castello Ursino e la eressero a sede della corte.
In seguito gli Angioini presero possesso della città occupandola militarmente. Nel 1282, sotto gli Aragona, Catania divenne la capitale del regno di Trinacria. Fu poi la volta dei Savoia e dei Borbone.
L'eruzione dell'Etna del 1669 e il terremoto del Val di Noto del 1693 distrussero la città, che fu ricostruita nello splendido stile barocco; il grande architetto Giovanni Battista Vaccarini si occupò della progettazione dei monumenti e della pianificazione urbanistica della cittadina.
Tra il 1816 e il 1818 acquisì lo status di Comune, e il 20 febbraio 1818 un grave terremoto funestò il suo territorio, danneggiando molti edifici ma senza registrare vittime.
Nel 1860 entrò a far parte del Regno d'Italia.
Catania ha dato i natali ai compositori Vincenzo Bellini e Giovanni Pacini, allo scrittore Nino Martoglio ed è stata patria adottiva di Giovanni Verga, Luigi Capuana, Federico De Roberto, Vitaliano Brancati, Mario Rapisardi.
Nel 2002 il barocco del suo centro storico è stato dichiarato dall'UNESCO Patrimonio dell'umanità.
Cosa visitare Architetture religiose
Cattedrale
Sita nel centro storico, la Cattedrale è dedicata alla vergine e martire Sant'Agata, patrona della città di Catania.
Fu edificata sulle rovine delle Terme Achilliane fra il 1086 e il 1094, riutilizzando anche parti di templi pagani e rovine romane; contestualmente, accanto al prospetto meridionale, fu edificato il monastero dei Benedettini. L’edificio ebbe all’inizio funzioni di luogo di culto e di fortezza.
La chiesa è stata più volte distrutta e riedificata a causa dei terremoti che si sono verificati nel corso dei secoli. Il 4 febbraio 1169 un violentissimo terremoto ne fece crollare completamente il soffitto, provocando un numero considerevole di vittime fra i fedeli, ivi riuniti in occasione della festa di Sant’Agata. Un vasto incendio scoppiato nel 1194 arrecò ulteriori danni al tempio. Il terremoto del 1693 la distrusse quasi completamente, lasciando in piedi solo l’abside e la facciata.
L'edificio attuale è frutto dei lavori di ricostruzione iniziati nel 1711 e protrattisi per tutto il XVIII secolo. Il campanile fu completato nel 1857.
Precede la chiesa un ampio sagrato con una balaustra in pietra bianca che la separa dalla piazza.
Il prospetto è a tre ordini in stile corinzio. Nel primo ordine, costituito da sei colonne di granito provenienti forse dal Teatro romano, campeggia il portale affiancato da due statue raffiguranti San Pietro e San Paolo e sormontato dallo stemma della famiglia Galletti, cui apparteneva il vescovo al tempo della ricostruzione; ai lati due portoni sormontati da finestre ovali. Nel secondo ordine sei colonne meno grandi e due piccole poste ai lati dell'ampio finestrone centrale, che contiene la statua di Sant’Agata.
Il portone principale in legno è costituito da trentadue formelle, finemente scolpite, raffiguranti episodi della vita e del martirio di Sant’Agata, stemmi di diversi papi e simboli della cristianità.
La prima edificazione di un tozzo campanile che fungeva da torre di guardia, alto 70 metri, risale al 1338. Nel corso dei secoli subì diversi crolli e diverse riedificazioni, fino all’innalzamento del 1662; ma il terremoto del 1693 distrusse la chiesa e causò il crollo del campanile, provocando circa 7.000 vittime. Fu riedificato assieme alla chiesa negli anni successivi. La cupola fu edificata nel 1802 e l’attuale campanile tra il 1867 e il 1869.
La pianta è a croce latina, a tre navate, divise da pilastri. All’interno della chiesa numerose tele, tombe di vescovi, di alcuni appartenenti alla famiglia Aragona, un coro ligneo a 34 stalli, la tomba di Vincenzo Bellini in marmo bianco e bronzo e la Cappella di Sant’Agata, la santa martire molto venerata dai catanesi, che ogni anno le dedicano una festa molto sentita e molto partecipata. Dalla cappella si accede alla camera sotterranea, chiamata “cammaredda”, dove sono custoditi il busto e lo scrigno reliquiario della Vergine Sant’Agata.
Chiesa di Sant'Agata la Vetere
Fu la prima cattedrale di Catania, dal 380 al 1094, ed è stata più volte distrutta e riedificata a causa di eruzioni e terremoti che hanno colpito la città.
Dopo la sua costruzione (380 d.C.) vi furono trasferite le spoglie e le reliquie di Sant’Agata; fu completata nel 436 e fu successivamente ampliata.
Nel 1040 il generale bizantino Giorgio Maniace sottrasse alla città le reliquie di Sant'Agata e le trasferì a Costantinopoli, nella cattedrale di Santa Sofia, dove rimasero per ben 86 anni.
Con l’edificazione della nuova cattedrale, nel 1094, la cattedra vescovile venne trasferita nel nuovo tempio e la chiesa assunse l’appellativo di “la Vetere”.
Nel 1613 fu costruito l'annesso convento, che il terremoto del 1693 distrusse, assieme alla chiesa. Il complesso venne riedificato nel 1772 e la chiesa venne ricostruita ad unica navata, in uno stile più sobrio e austero.
Il terremoto del 1818 fece crollare la volta della chiesa e in quegli anni il convento fu adibito ad ospedale.
In seguito ai lavori di consolidamento e restauro successivi al terremoto del 1990, sono venuti alla luce numerosi reperti riguardanti la Santa e sono state scoperte le strutture appartenenti alla precedente chiesa medievale. Nei sotterranei della chiesa è possibile visitare una cripta, anticamente usata dai cristiani per sfuggire alle persecuzioni. La chiesa è stata riaperta al culto nel 2003.
All’interno della chiesa numerosi dipinti, il primitivo sepolcro di Sant’Agata e la cassa in legno che per oltre 500 anni custodì le spoglie della Santa.
Chiesa della Badia di Sant'Agata
La chiesa e l’annesso ex monastero si trovano di fronte al prospetto nord della cattedrale.
Con il suo particolare prospetto, opera del Vaccarini, è uno dei principali monumenti barocchi della città.
L'edificio odierno poggia sulle rovine dell'antica chiesa e convento dedicati a Sant'Agata, crollati a causa del terremoto del 1693.
La facciata è un accostamento di forme concave e convesse, che produce un gioco di onde. Un’imponente cupola ottagonale sovrasta l’edificio.
L’interno ha un impianto a croce greca, con ingressi e cappelle disposti lungo i lati di un ottagono regolare. Marmi e stucchi marmorizzati impreziosiscono l’interno, in cui troviamo statue di santi in stucco lucido.
Nel 2015 sono stati aperti al pubblico le terrazze e il camminamento della cupola, che offrono ai visitatori una splendida e suggestiva visuale del centro storico.
L’adiacente monastero benedettino femminile dal dopoguerra è di proprietà del comune di Catania.
Basilica Maria Santissima dell'Elemosina
Meglio conosciuta come basilica Collegiata, è una chiesa tardo-barocca sita lungo la via Etnea, nei pressi del palazzo dell'Università.
La chiesa sorge sul sito di un antico tempio pagano; con l’avvento del cristianesimo vi si costruì una piccola chiesa dedicata alla Vergine Maria, che in epoca bizantina era chiamata Madonna dell'Elemosina. Distrutta dal terremoto del 1693, fu ricostruita nei primi anni del XVIII secolo.
Precede la chiesa una cancellata in ferro battuto che delimita una grande scalinata. La chiesa ha un prospetto concavo al centro e si eleva su due ordini: nell’ordine inferiore sei colonne corinzie delimitano i tre portali d’ingresso, nel secondo ordine vi è un finestrone centrale ed ai lati quattro grandi statue raffiguranti san Pietro, san Paolo, sant'Agata e santa Apollonia; chiude il prospetto un elemento centrale che ospita le campane.
L'interno è a croce latina a tre navate, delimitate da otto pilastri e tre absidi. Vi sono conservate numerose tele, una statua marmorea dell’Immacolata, la copia di un’icona bizantina della Madonna dell’Elemosina, un settecentesco organo ligneo ed un coro ligneo con 36 stalli. La volta e la cupola sono affrescate con diverse immagini della Beata Vergine Maria, angeli e santi.
Chiesa di San Biagio
Detta anche chiesa di Sant'Agata alla Fornace, si trova in Piazza Stesicoro, nei pressi dell’Anfiteatro romano. Fu costruita dopo il terremoto del 1693 sul luogo in cui, secondo la tradizione, era ubicata la fornace in cui Sant'Agata subì il martirio.
La facciata è in stile neoclassico, a un solo ordine, con colonne binate che sostengono un timpano triangolare. L'interno, ad una sola navata, è molto lineare e sobrio, abbellito da numerose tele, fra le quali una raffigurante San Biagio, cui la chiesa è dedicata. Nella cappella dedicata a Sant’Agata si conservano, in una teca, i resti della fornace in cui la Santa subì il martirio.
Chiesa di San Francesco d'Assisi all'Immacolata
Ubicata in piazza San Francesco d'Assisi, nel centro storico di Catania, in epoca romana il sito ospitava un tempio pagano dedicato alla dea Minerva.
Nel 1329 Eleonora d'Angiò, come voto di ringraziamento per lo scampato pericolo derivante da un’eruzione dell'Etna, promosse la costruzione del convento francescano e della chiesa di San Francesco d'Assisi all'Immacolata.
Fu distrutta dal terremoto del 1693 e la nuova costruzione settecentesca venne realizzata in stile barocco.
La facciata è divisa in due ordini, con due torri campanarie laterali gemelle cupolate. Una scalinata conduce al sagrato, chiuso da una cancellata in ferro battuto e da una balaustra in marmo sulla quale poggiano quattro statue di santi.
L'interno della chiesa è a tre navate; sono presenti una statua lignea dell'Immacolata, numerosi affreschi, un pregevole altare cinquecentesco, l’organo con cui si esercitava il giovane Vincenzo Bellini, una tela raffigurante la regina Eleonora d’Angiò in compagnia di Santa Chiara e una targa che ricorda la tomba della regina, sepolta in questa chiesa fino al terremoto del 1693.
Dentro la chiesa sono custodite sei delle undici "candelore" che sfilano durante la festa di S. Agata.
Le chiese di Via dei Crociferi
Via dei Crociferi è una strada monumentale, realizzata nel XVIII secolo, contornata da chiese, monasteri e poche abitazioni civili. Nel breve spazio di circa 200 metri sono presenti ben quattro chiese: la chiesa di San Benedetto, la chiesa di San Francesco Borgia, la chiesa di San Giuliano e la chiesa di San Camillo.
Chiesa di San Benedetto da Norcia
Fu edificata assieme al monastero nel XV secolo là dove sorgeva il tempio di Esculapio. Dopo il terremoto del 1693 il complesso fu ricostruito tra il 1704 e il 1713 e completato nel 1747. Nel 1763 il Vaccarini curò il completamento del prospetto e furono decorati gli interni. In seguito alle leggi eversive del 1866, vi si insediarono alcune suore benedettine che istituirono un centro scolastico femminile, con un ciclo di studi dalla scuola materna al liceo classico, ancora oggi attivo, denominato "Istituto San Benedetto".
I bombardamenti del 1943 danneggiarono gravemente l’edificio e fecero riaffiorare gli splendidi affreschi settecenteschi, coperti per secoli sotto spessi strati d’intonaco.
Oggi la chiesa è affidata in custodia alla comunità monastica delle suore benedettine. Dal 2013 il complesso è visitabile, assieme ai resti di una domus romana, al parlatorio settecentesco del monastero di clausura ed alla Scalinata degli Angeli.
La scalinata che conduce alla chiesa è cinta da una bellissima cancellata in ferro battuto. La porta d'ingresso è in legno intagliato con formelle raffiguranti scene della vita di san Benedetto.
L’edificio è ad una navata, con la volta mirabilmente affrescata dal pittore Giovanni Tuccari con scene della vita di san Benedetto; all’interno numerosi affreschi e tele, una cantoria del 1712 e il prezioso altare, interamente realizzato in diaspro siciliano con intarsi in oro zecchino e argento. Il monastero è collegato alla chiesa tramite la bellissima Scalinata degli Angeli, uno scalone marmoreo adorno di statue raffiguranti alcuni angeli.
La chiesa fa parte del complesso monastico delle suore benedettine e comprende anche la badia grande e la badia piccola, collegate da un camminamento coperto che sovrappassa via dei Crociferi creando un arco, porta d’accesso all’intera via. All’interno della badia piccola è collocato il Museo d'arte contemporanea della Sicilia.
Chiesa di San Francesco Borgia
Sorse fra il 1698 ed il 1740, insieme al monastero gesuitico, sulle rovine di un complesso monastico distrutto dal terremoto del 1693.
Dotata di uno scalone a doppia rampa, ha una facciata lineare su due ordini, con colonne marmoree binate.
L'interno è a tre navate molto ampie e luminose. L'altare maggiore ha una pregevole lavorazione in pietre dure, agate e diaspri siciliani con colonne in agata verde, ornato da due statue di angeli e dalla figura dell'Eterno benedicente.
Pregevoli gli affreschi della cupola, realizzati da Olivio Sozzi e Vito D’Anna. Una serie di tele e di sculture adornano i vari altari.
Chiesa di San Giuliano
L’edificio, insieme al monastero, venne costruito nel 1741 e completato nel 1754, mentre risale alla prima metà dell’Ottocento il sagrato decorato con sassi bianchi e neri e l'elegante cancellata in ferro battuto.
In seguito alle leggi eversive del 1866, il complesso monastico fu ceduto al Comune di Catania nel 1875. Nel 1928 la chiesa fu concessa alla diocesi di Catania e, sottoposta a vincolo monumentale di interesse storico-artistico nel 1937, subì diversi interventi di restauro da parte della Soprintendenza per i Beni Culturali di Catania. Nel 1939 fu restaurata dai Cavalieri dell'Ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme della sezione di Catania.
La sua elegante facciata è convessa al centro e presenta delle linee molto semplici.
Ha un impianto a croce greca, con pianta ad ottagono allungato e bracci absidati, con la cupola avvolta da un loggiato poligonale; la chiesa è ornata da stucchi, cornici e modanature con profili in oro zecchino. Sotto il vestibolo d’ingresso è collocata la cripta per la sepoltura delle religiose.
Le opere d’arte più importanti sono l’altare maggiore, rivestito in marmi policromi, con elementi in bronzo dorato, un Crocefisso bizantino del XIV secolo, la Madonna delle Grazie con S. Giuseppe e S. Benedetto di Olivio Sozzi e un seicentesco S. Antonio Abate.
Accanto alla chiesa è il convento di S. Giuliano, oggi sede della Camera del Lavoro.
Chiesa di San Camillo dei Mercedari
La chiesa intitolata a San Camillo de Lellis, patrono degli ospedali e degli infermi, venne eretta nel 1723 sui resti della chiesetta dedicata a Santa Maria della Dagala, distrutta dal violento terremoto del 1693; i lavori si protrassero per tutto il XVIII secolo e furono ultimati solo all’inizio del secolo successivo.
La facciata, preceduta da una larga scalinata, è realizzata in pietra bianca ed è costituita da un modulo centrale concavo nel quale è incastonato il portone di ingresso, delimitato da due imponenti pilastri laterali decorati nello stile delle colonne corinzie. Il portone è sovrastato da un finestrone e nel secondo ordine è posta una nicchia centrale con la statua di san Camillo de Lellis. Completa il prospetto un timpano con la croce circondata da un sole dardeggiante, simbolo dell’ordine dei Mercedari.
L’interno della chiesa è diviso in tre parti: il vestibolo, un’aula di forma ovale e la zona absidale. Il vestibolo è separato dall’aula da un’ampia vetrata con intelaiatura in legno. La chiesa è ornata da numerose tele; pregevole l’altare maggiore, in marmo policromo e profili in marmo giallo di Castronovo, ai cui lati sono posti due grandi candelabri in legno dorato, al centro un dipinto su tavola raffigurante una Madonna bizantineggiante; una scultura raffigurante San Camillo e una statua della Madonna della Mercede, realizzata a Siviglia dall'artista Juan Ventura.
Oggi la chiesa è affidata alle cure dei Cavalieri della Mercede, quale sede capitolare della Commenda di Catania.
Chiesa di San Nicolò l'Arena
È la chiesa più grande della Sicilia, con i suoi 105 metri di lunghezza, 48 di larghezza e un’altezza massima di circa 66 metri alla cupola. La sua costruzione risale al 1687, sui resti di una chiesa dedicata a San Nicola di Bari distrutta dall’eruzione del 1669.
Il progetto prevedeva l’edificazione di una grande e monumentale chiesa ispirata al modello di San Pietro in Roma, ma il terremoto del 1693 e una serie di circostanze avverse fecero sì che il cantiere durasse fino al 1796, senza mai giungere al completamento dell’opera, rimasta così come la vediamo oggi.
Sconsacrata durante la seconda guerra mondiale e danneggiata dai bombardamenti, fu riconsacrata e nel 1989 riconsegnata ai benedettini. Nonostante le numerose campagne di restauro, la chiesa versa oggi in uno stato di degrado.
La facciata si presenta incompiuta, con le otto poderose colonne lasciate a metà e senza una trabeazione di coronamento; i tre grandi portali sormontati da altrettante finestre balaustrate danno alla facciata un senso di grandiosità e allo stesso tempo di desolazione e di decadenza.
Ha una pianta a croce latina a tre navate, con transetto e cupola all'incrocio dei bracci. Le navate sono divise da grandi arcate e le cappelle laterali sono tutte rivestite di marmi pregiati e ornate da pale d’altare.
Monastero dei Benedettini
Annesso alla chiesa di San Nicolò l’Arena, il Monastero dei Benedettini, gioiello del tardo barocco siciliano, venne fondato nel 1558.
Sconvolto da calamità naturali, come terremoti ed eruzioni, fu più volte distrutto e ricostruito. Per questo è un mirabile esempio di integrazioni tra le varie epoche storiche.
Il primo impianto nasceva a forma quadrata, con un chiostro interno costituito dal colonnato in marmo di Carrara e una fontana quadrilobata posta al centro.
L’eruzione del 1669 lambì le mura salvando il monastero cinquecentesco, ma distrusse la chiesa annessa. A quel tempo il Monastero era costituito da un piano interrato, adibito a cantina e deposito delle derrate alimentari e a cucina, e due piani che accoglievano le celle dei monaci, il capitolo, il refettorio, la biblioteca, il parlatorio e il chiostro.
In seguito al terremoto del 1693, che distrusse Catania e provocò innumerevoli vittime, del Monastero rimasero integri il piano interrato, parte del primo piano e 14 colonne del chiostro. Nel 1702 iniziò la ricostruzione e il Monastero venne ingrandito; venne ricostruito l’antico chiostro e realizzato un altro chiostro, con il giardino e spazi destinati alla vita diurna e collettiva dei monaci: la biblioteca, le cucine, l’ala del noviziato, i refettori, il coro di notte. Nacquero anche due giardini pensili: l’Orto Botanico e il giardino dei Novizi. Ogni ambiente fu ornato con sontuosi affreschi e decorazioni scultoree.
Data la superficie occupata (circa 210x130 m.), è il secondo monastero benedettino più grande d'Europa.
La bellissima biblioteca, fornita di preziosi volumi e manoscritti, è oggi denominata Biblioteche Riunite Civica e Ursino Recupero. Sotto l’edificio è stata rinvenuta una domus romana, oggi visitabile insieme al Museo della Fabbrica. Oggi i locali del Monastero ospitano il Dipartimento di Scienze Umane dell’Università di Catania.
Chiesa di San Placido
La chiesa e l’annesso convento furono edificati agli inizi del XV secolo sul sito di un tempio romano dedicato a Bacco. La sua fondazione fu fortemente voluta dalla regina Bianca di Navarra, che donò alle monache benedettine preziosi arredi sacri.
Nel 1693 fu rasa al suolo dal devastante terremoto; ricostruita, venne consacrata nel 1723.
Nel 1976 venne chiusa per problemi strutturali, consolidata e riaperta al culto nel 1979.
Il prospetto barocco, in pietra bianca, è concavo al centro e termina in alto con la torre campanaria centrale. Spiccano sulla facciata quattro statue: due più grandi, raffiguranti san Placido e san Benedetto, ai lati dell’unico portale, due più piccole, raffiguranti santa Scolastica e santa Geltrude, nel secondo ordine, ai lati del finestrone centrale. La facciata è recintata da un'artistica inferriata in ferro battuto di forma convessa.
La chiesa è ad unica navata con delle semi-colonne scanalate incastonate nelle pareti laterali, quattro altari pregevolmente decorati con bassorilievi marmorei e grandi dipinti. L'altare maggiore è un marmo policromo, sostenuto da putti in marmo.
Palazzo del Seminario dei Chierici
Il palazzo si trova in piazza Duomo, accanto alla Cattedrale e di fronte al palazzo degli Elefanti.
Fu edificato dopo il terremoto del 1693 sulle rovine del primitivo palazzo del vescovo, distrutto dal sisma. Nel 1757 il Seminario, istituito nel 1572, fu dotato della cattedra d'italiano, latino, greco, sacra eloquenza, algebra, teologia dogmatica e morale, filosofia, geometria, scienze naturali, e di una moderna stamperia.
Lo stabile fu adibito anche a caserma militare, mentre i seminaristi ne occuparono solo un’ala. Nel 1866 venne realizzato il secondo piano e nel 1943, a causa dei bombardamenti, la struttura fu danneggiata e abbandonata dai seminaristi, che si trasferirono in altra sede. Per un breve periodo fu sede del municipio di Catania; oggi è sede del Museo diocesano e degli uffici finanziari del Comune.
Il prospetto, a tre ordini, è realizzato con lesene bugnate in pietra bianca d'Ispica, su intonaco scuro realizzato con sabbia vulcanica; i grandi finestroni sono incorniciati con la stessa pietra e sormontati da un timpano a forma di omega. Pregevole il portale centrale, decorato con motivi floreali e figure antropomorfe grottesche.
All’interno del chiostro vengono periodicamente ospitate esposizioni e mostre d’arte.
La festa di Sant'Agata
Cittadini, cittadini, semu tutti devoti tutti?La festa di sant'Agata è la più importante festa religiosa della città e si celebra in onore della santa martire, patrona di Catania.
La giovane Agata, vissuta nel III secolo, era esponente di una famiglia patrizia catanese e sin da giovane consacrò la sua vita al cristianesimo. Notata dal governatore romano Quinziano, che decise di volerla per sé, Agata fuggì a Palermo, ma il governatore la scovò e la costrinse a tornare a Catania. Quinziano tentò di blandirla e sedurla in ogni modo e, al deciso rifiuto della giovane, la imprigionò in quanto cristiana, la fece martirizzare e mettere a morte il 5 febbraio 251.
Subito dopo la sua morte cominciò a essere venerata dalla popolazione e ben presto papa Cornelio la proclamò santa.
I festeggiamenti in suo onore si svolgono dal 3 al 5 febbraio, in ricordo del suo martirio, e il 17 agosto, data in cui le sue spoglie, trafugate e portate a Costantinopoli, tornarono a Catania.
È una tra le feste religiose cattoliche più sentite e seguite, proprio per il numero di persone che richiama: dal 3 al 5 febbraio, infatti, giungono a Catania più di un milione tra fedeli e turisti.
Tutte le strade principali del centro storico vengono addobbate con suggestive illuminazioni artistiche che cambiano ogni anno.
La festa si apre con la processione del 3 febbraio, che parte dalla Chiesa di Sant'Agata alla Fornace, per l'offerta della cera, a cui presenziano le più alte cariche religiose ed istituzionali della città, oltre a devoti e turisti.
La vera festa religiosa inizia la mattina del 4 febbraio, con la messa dell'Aurora e l’ostensione del busto-reliquiario di sant'Agata, custodito durante l’anno nella “cammaredda”. Il busto viene consegnato ai devoti, che lo portano in processione per le vie cittadine, fino alla Chiesa di Sant'Agata la Vetere, prima cattedrale dedicata alla Santa, e lo riconducono nella Cattedrale a tarda notte e spesso all’alba.
La mattina del 5 febbraio viene celebrata la messa nella Cattedrale, alla presenza di tutte le cariche religiose e laiche. Il busto reliquiario rimane esposto fino al pomeriggio, quando dopo la messa viene riportato in processione fino alla tarda mattinata del 6 febbraio. Tutte le giornate di festa si concludono con fantasmagorici giochi pirotecnici.
Partecipano alla processione i dodici cerei o cannalori, alte costruzioni in stile barocco in legno riccamente scolpite e dorate, contenenti al centro un grosso cero. I cerei rappresentano le corporazioni delle arti e dei mestieri della città.
Il fercolo di sant'Agata (o vara) è un tempietto in argento, riccamente lavorato, che trasporta il busto-reliquiario della santa e lo scrigno, sempre in argento, nel quale sono custodite tutte le reliquie di sant'Agata. Si muove su quattro ruote, trainato dai fedeli vestiti del caratteristico saccu (una tunica bianca stretta da un cordone, cuffia nera, fazzoletto e guanti bianchi), aggrappati a due cordoni di oltre 100 metri, che camminano, e in alcuni momenti corrono, al grido: “Cittadini, cittadini, semu tutti devoti tutti?”
Lo scrigno è una cassa d'argento in stile gotico che contiene le reliquie della Santa racchiuse in diversi reliquiari. In essi sono custodite le due braccia con le mani, le due gambe con i piedi, i due femori, la mammella e il santo velo.
Il busto della santa, completamente in argento, contiene anch'esso delle reliquie di sant'Agata. Infatti nella testa è stato inserito il teschio della santa, mentre nel busto è stata inserita la gabbia toracica. Il busto è ricoperto da oltre 300 gioielli ed ex voto. Nel corso dei secoli alla Santa sono stati donati dei preziosi ed importanti gioielli: la corona che cinge la testa del busto-reliquiario, donata dal re inglese Riccardo Cuor di Leone, due grandi angeli in argento dorato, una collana del XV secolo incastonata di smeraldi, donata dal popolo di Catania, una grande croce riccamente lavorata del XVI secolo, il collare della Legion d'Onore francese appartenuto a Vincenzo Bellini, un anello appartenuto alla regina Margherita.
La festa del 17 agosto si rifà ai festeggiamenti spontanei che si verificarono nella notte del 17 agosto dell'anno 1126, quando le spoglie di Sant’Agata vennero riportate a Catania da Costantinopoli. La festa si svolge in maniera ridotta rispetto ai grandiosi festeggiamenti di febbraio, con la messa in onore di Sant'Agata, una breve processione con lo scrigno contenente le reliquie e il mezzobusto reliquiario e a conclusione della giornata straordinari giochi pirotecnici.
Cosa visitare Architetture civili
Fontana dell'Amenano
Si trova in piazza Duomo, di fronte al palazzo degli Elefanti.
Fu costruita nel 1867 in marmo di Carrara e rappresenta il fiume Amenano (uno dei due fiumi che attraversano Catania) come un giovane che tiene una cornucopia dalla quale fuoriesce dell'acqua che si versa in una vasca formando una cascata. L'acqua dalla vasca si riversa poi nel fiume sottostante, che scorre circa due metri sotto la piazza.
Alle spalle della fontana, una scalinata in pietra lavica conduce alla Pescheria, antico, caotico e colorato mercato cittadino del pesce dove risuonano le “vuciate”, cioè le grida dei commercianti per richiamare clienti.
Giardino Bellini
Il giardino Bellini (o Villa Bellini) è un grande ed antico giardino della città. Il nucleo più antico del giardino risale al Settecento e apparteneva al principe Ignazio Paternò Castello di Biscari, che lo volle con siepi strutturate a formare labirinti, statue nei vialetti e numerose fontane di varia foggia.
Il giardino era curato da abili giardinieri, ma dopo la morte del principe venne abbandonato dagli eredi e cadde in decadenza. Venne posto in vendita e, dopo oltre un ventennio di trattative, nel 1854 venne acquistato dal Comune di Catania con l’intento di farne un “pubblico passeggio”. Per raggiungere questo scopo furono acquistati i terreni adiacenti, non senza problemi di ordine economico ed amministrativo.
Nel 1866, vi venne posto il busto di Vincenzo Bellini, a cui è dedicato il giardino.
La "Villa", estesa circa 71.000 mq., venne inaugurata il 6 gennaio 1883, divenendo così meta abituale delle famiglie catanesi.
Nel corso degli anni subì notevoli interventi di abbellimento, con la costruzione di fontane, di padiglioni e la messa a dimora di alberi e arbusti. Venne creato il Viale degli uomini illustri, con la collocazione di busti posti su colonne raffiguranti i personaggi più famosi della storia italiana e catanese; negli anni Trenta venne realizzato l’ingresso monumentale di via Etnea; negli anni successivi vi vennero collocati quattro gruppi statuari che rappresentano le Arti; successivamente vi furono poste delle voliere con volatili esotici, cigni e anatre nelle vasche, scimmie e addirittura elefanti.
Dagli anni Trenta a primi anni Cinquanta vi vennero rappresentate importanti opere liriche, con la presenza di interpreti illustri. Dagli anni Settanta cominciò il lento declino, dovuto al ridimensionamento dei fondi per la sua manutenzione ordinaria.
Il 23 settembre 2010, anniversario della morte di Vincenzo Bellini, dopo un sommario riattamento, con una pomposa cerimonia inaugurale il giardino fu riaperto al pubblico.
La vegetazione del giardino è molto varia, con specie subtropicali che si sono ben acclimatate in questo ambiente. Troviamo anche pini d’Aleppo, pini comuni, cipressi, olmi, querce, numerose varietà di ficus, di palma e di araucaria. Sono presenti anche arbusti che costituiscono le siepi e fiori stagionali.
Oggi lo splendore dell’antico giardino è andato perso e il luogo può considerarsi un comune parco cittadino.
Castello Ursino
Il suo nome deriva da Castrum Sinus ovvero il "castello del golfo". Il castello Ursino fu costruito da Federico II di Svevia nel 1239, per difendere la costa oltre che come simbolo del suo potere. Fu sede del Parlamento Siciliano e dimora del re Federico III d’Aragona e di alcuni suoi successori.
Nei primi anni del XV secolo vi fu realizzata la piazza d’arme e probabilmente un ponte levatoio. Nel 1434 il re Alfonso il Magnanimo firmò nel castello l'atto di fondazione dell'Università degli Studi di Catania. Nel XVI secolo vennero eseguite alcune modifiche, venne costruito il bastione detto di San Giorgio e una parte del maniero venne adibita a prigione.
Durante l’eruzione dell’Etna del marzo 1669 la colata lavica giunse alle mura della città, le superò per poi dirigersi verso il Bastione di San Giorgio. Il 16 aprile la lava circondò il castello e colmò il fossato; la massa incandescente coprì i bastioni e spostò di quasi un chilometro la linea di costa. Anche il terremoto del 1693 provocò una serie di danni alle strutture, compromettendo definitivamente la funzione militare del castello.
Ristrutturato, ospitò le truppe militari piemontesi e borboniche, assumendo anche il nome di Forte Ferdinandeo. Rimase adibito a prigione fino al 1838, quando il governo borbonico vi apportò restauri e vi aggiunse nuove fabbriche, occultando e stravolgendo l'originaria struttura sveva.
Negli anni 30, dopo essere stato acquisito dal Comune, fu sottoposto a un radicale restauro, allo scopo di trasformarlo in un museo; dal 1934 è adibito a Museo Civico di Catania e raccoglie la collezione Biscari, dei Benedettini e Zappalà Asmundo.
La struttura è a pianta quadrata, con il lato che misura circa 50 metri. Ai quattro angoli altrettanti torrioni circolari con diametro di circa 10 metri e altezza massima di 30 metri, con due torri mediane sopravvissute. Le mura sono realizzate in pietrame lavico ed hanno uno spessore di 2,50 metri. Originariamente il castello presentava alle basi delle scarpate che lo slanciavano, ma la colata lavica del 1669 riempì il fossato, rendendone più tozzo l’aspetto.
Sul lato sud era presente una porta, detta “porta falsa”, che conduceva all’imbarcadero a mare, essendo il castello prospiciente il mare Ionio. La stessa colata del 1669 ha modificato allontanato la linea di costa, creando un basamento di centinaia di metri per un’altezza di una decina, e allontanando così il castello dal mare.
Nel prospetto nord è posto l'ingresso, che è sovrastato da una nicchia contenente una scultura raffigurante un'aquila sveva che afferra una lepre, simbolo del potere di Federico II sulla città di Catania. Al suo interno un bel cortile con scala esterna in stile gotico, costruita in età rinascimentale. Attorno al cortile interno c'erano le quattro grandi sale fiancheggiate da sale minori, dalle quali si accede alle torri angolari. Si accedeva al piano superiore attraverso le scale a chiocciola posizionate all'interno delle torri nord e sud.
La destinazione a carcere modificò notevolmente l’aspetto delle grandi sale, che vennero tramezzate per ottenere le anguste e buie celle destinate ai prigionieri. Notevoli sono i graffiti, realizzati dai prigionieri, presenti sui muri e anche nel cortile interno.
Il primo piano del museo (riaperto nel 1999) permette di ammirare parte delle sculture di epoca ellenistica e romana appartenute alla collezione del principe di Biscari, appassionato studioso e archeologo: una testa di efebo del VI secolo a.C., ritrovata negli scavi dell'antica Leontinoi, la statua di Ercole del III secolo proveniente dagli scavi del palazzo Zappalà, il monumentale torso di imperatore Giulio-Claudio raffigurato come Giove, numerosi frammenti decorativi provenienti dal Teatro, pregevoli mosaici pavimentali provenienti da diverse parti della città, il cippo monumentale detto cippo Carcaci e una ricca collezione di crateri greci. È presente anche una notevole collezione numismatica ricca di preziose monete greche e romane, non ancora visibile al pubblico.
Nel 1995 venne riaperta un'ala del castello, per essere adibita a pinacoteca. Tra le opere esposte una piccola raccolta di tavolette bizantine, San Cristoforo di Pietro Novelli, Natività di Paolo Geraci (copia della Natività di Caravaggio, trafugata a Palermo nel 1969 e mai ritrovata), Madonna in trono con il Bambino di Antonello de Saliba, Cristo deriso e Morte di Catone del fiammingo Matthias Stomer, l'Ultima cena di Luis de Morales (XVI secolo), alcune tele di Mattia Preti (San Luca Pittore) e un’opera di El Greco (Ritratto di Gentiluomo).
Palazzo degli Elefanti
Ubicato sulla piazza Duomo, sorge nel sito in cui insisteva il Palazzo Senatorio o Loggia Senatoria, un loggiato esistente già nel 1200 dove si riuniva il parlamento della città. L’attuale palazzo fu costruito nel 1696, dopo il terribile terremoto che distrusse completamente la struttura preesistente.
Nel 1944, in seguito a tumulti popolari, il municipio fu incendiato; andarono persi gli archivi storici e i preziosi cimeli custoditi nel Museo del Risorgimento, ospitato all’interno della struttura. Nel 1953, dopo i lavori di ristrutturazione, diventò la sede del Comune di Catania.
Situato di fronte al Palazzo del Seminario dei Chierici, l'edificio ha un impianto rettangolare e si sviluppa su tre elevazioni. La facciata presenta paraste bugnate al primo ordine, che diventano lisce nei due ordini superiori. Il piano terra presenta sei finestroni, interrotti dal portale centrale compreso tra due coppie di colonne binate, che reggono il balcone centrale del piano nobile; qui fanno bella mostra altri sei balconi, tre per lato, le cui aperture sono sormontate da frontoni triangolari, all’interno dei quali a rilievo spiccano alternatamente l’elefante e la A, simboli di Catania; il terzo piano presenta altri sei balconi e una finestra centrale.
Nell'androne del palazzo sono custodite due carrozze del Settecento, mentre nel cortile interno sono esposti alcuni reperti di varie epoche e opere d'arte contemporanea. Nel piano nobile, al quale si accede tramite lo Scalone d’onore, oltre alla Sala del Consiglio, alla Sala Giunta ed altre sale in uso all’Amministrazione, in alcuni ambienti sono custoditi dipinti del pittore catanese Giuseppe Sciuti (1834-1911).
Al centro della piazza antistante si trova "u Liotru", il simbolo di Catania, ovvero una statua in pietra lavica raffigurante un elefante, sormontata da un obelisco, posta al centro di una fontana in marmo. La fontana fu realizzata tra il 1735 e il 1737 dall’architetto Vaccarini, ma l’elefante in pietra ha origini molto più antiche: la scultura fu danneggiata dal terremoto del 1693 e restaurata dallo stesso Vaccarini, che ne ricostruì le zampe posteriori e vi aggiunse gli occhi e le zanne in pietra bianca. Sulla schiena dell’animale è posto l’obelisco in granito alto più di 3 metri, culminante in un globo con una foglia di palma, un ramo di gigli e una croce.
Il “Liotru” è l’emblema della città di Catania e un monumento al quale i catanesi sono molto legati.
Palazzo Biscari
Venne edificato sulle mura di Catania, per volere della nobile famiglia Paternò Castello dei principi di Biscari, dopo il catastrofico terremoto del 1693. I lavori coinvolsero più generazioni della famiglia e consistettero in una prima edificazione e successivi ampliamenti ed abbellimenti; l'edificio venne ultimato nel 1763 e inaugurato con grandiosi festeggiamenti.
Nel 1758 Ignazio V Paternò Castello, grande studioso, archeologo e amante delle arti in genere, vi istituì un museo che raccoglieva preziose collezioni archeologiche da lui stesso rinvenute, oggi in gran parte trasferite al Museo civico del castello Ursino.
Lo splendido palazzo fu visitato anche da Goethe, nel 1787, durante il suo viaggio in Italia.
Affacciato con i suoi imponenti finestroni sugli archi della Marina, il palazzo conta ben 600 stanze. Dal cortile centrale, attraverso una grande scala a tenaglia, si accede al palazzo; pregevoli la sala dei dipinti, quella "dei Feudi", con grandi tele alle pareti raffiguranti i numerosi feudi dei Biscari, gli "appartamenti della principessa", con boiserie di legni intarsiati e pavimenti di marmo di epoca romana, la "galleria degli uccelli" e la "stanza di don Chisciotte". La sala più suggestiva del palazzo è il Salone delle feste: si tratta di una stanza a forma di chitarra in pieno stile rococò, arricchita da stucchi, decorazioni e affreschi.
Uno degli elementi più stupefacenti dell’edificio è la scala a chiocciola ad onda, realizzata intorno alla seconda metà del 1700.
Il palazzo è ancora oggi in gran parte abitato dai discendenti della famiglia e i suoi saloni ospitano spesso manifestazioni di prestigio come meeting, ricevimenti, serate di gala, concerti, sfilate di moda.
Palazzo del Toscano
Il palazzo sorge in piazza Stesicoro, all'angolo con Via Etnea. Fu costruito ai primi del Settecento, su progetto dell’architetto Vaccarini, ma non fu completato: la sua edificazione si fermò infatti al primo piano. I lavori ripresero intorno al 1870, su iniziativa di Antonino Paternò del Toscano, erede della famiglia proprietaria e futuro sindaco di Catania.
Il palazzo presenta uno stile neorinascimentale compatto e severo; notevoli i decori e l'arredamento della sala di rappresentanza, nonché i rivestimenti marmorei e gli affreschi del grandioso scalone d'onore.
Palazzo Gravina Cruyllas
Il Palazzo Gravina Cruyllas è la casa natia di Vincenzo Bellini (1801-1835) e ospita il museo a lui dedicato.
Fu costruito nei primi anni del Settecento sulle rovine del primitivo palazzo dei Gravina Cruyllas, distrutto dal terremoto del 1693.
La struttura poggia in parte sulle mura del Teatro Romano e risulta alterata da interventi edilizi successivi, fra i quali l’aggiunta del terzo piano alla fine del XIX secolo. Presenta un prospetto molto semplice, con decorazioni a volute, bugne e grottesche nel portale; nel cortile interno troviamo una splendida loggia. Recentemente ha subito lavori di ristrutturazione per adeguarlo a sede del Museo Civico Belliniano.
Il Museo Belliniano, inaugurato nel 1930, è ospitato al primo piano del palazzo ed occupa cinque stanze. Conserva i cimeli che ripercorrono la vita di Bellini e della sua famiglia: dipinti, libri, spartiti originali, strumenti musicali e la maschera mortuaria del compositore.
Palazzo Reburdone
Fu costruito tra il 1776 e il 1785, commissionato dalla ricca famiglia Guttadauro, in cerca di affermazione fra l’aristocrazia catanese. Il risultato fu uno dei più imponenti e nobili palazzi della città.
Il palazzo si eleva su tre piani: nel piano terra erano le botteghe, i magazzini e i locali di servizio; il piano ammezzato serviva per l'amministrazione e in parte veniva dato in affitto a famiglie di basso ceto; nel piano nobile abitavano il padrone e la famiglia; il terzo ospitava la servitù. L'edificio si sviluppa attorno alla grande corte d'onore. Si accede al piano nobile attraverso il grande scalone, da cui si dipartono le due ali del palazzo. Alcune sale sono mirabilmente affrescate da Sebastiano Lo Monaco, mentre altre presentano decorazioni neoclassiche.
Oggi in parte è sede del Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell'Università di Catania e della prestigiosa Accademia Gioenia.
Palazzo San Giuliano
Fu costruito nel 1738 per i Paternò di San Giuliano su progetto dell'architetto Vaccarini.
I prospetti esterni, molto sobri ed eleganti, presentano delle lesene in pietra che salgono dal piano terra culminando nella cornice che corona il tetto, ornata da una balaustra aggiunta negli anni trenta. Il maestoso portone centrale è fiancheggiato da due colonne di marmo di epoca romana, sulle quali poggia lo splendido balcone.
Il palazzo è stato sede del Credito Italiano ed ha ospitato in un’ala anche il Teatro Machiavelli, nel quale recitava il grande attore catanese Angelo Musco, e nell’altra ala l'Hotel Bristol. Oggi ospita gli uffici amministrativi dell’Università di Catania.
Villa Cerami
Sorge alla fine della via dei Crociferi, ed era la residenza della famiglia Rosso di Cerami.
La sua prima costruzione risale agli anni dopo il terremoto del 1693, ma l’odierna villa è il frutto di secolari rimaneggiamenti e aggiunte, le ultime delle quali risalgono alla seconda metà dell’Ottocento.
Dall’imponente portale di ingresso si accede all’ampio cortile della villa, arricchito da una fontana, sul quale è collocato lo scalone monumentale.
La famiglia Cerami la abbellì con affreschi, tappeti e mobilio prezioso. Nel Novecento attraversò un periodo di decadenza; nel 1957 venne acquistato dall’Università di Catania e subì un mirabile restauro che la riportò al suo antico splendore.
Oggi è la sede del Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Catania.
Teatro Massimo Vincenzo Bellini
Situato nella piazza intitolata al celebre compositore catanese, è un gioiello architettonico e importante centro artistico e culturale della città.
La sua costruzione fu piuttosto lunga e travagliata. I lavori iniziarono nel 1870 ma dieci anni più tardi dovettero fermarsi per mancanza di fondi; allora il Comune decise di continuare l’opera ridimensionando il progetto, che venne ultimata in soli 7 anni. Per mancanza di fondi l’inaugurazione avvenne solo tre anni dopo, nel 1890, con la rappresentazione della Norma di Vincenzo Bellini.
La facciata del teatro è in stile neobarocco. Si sviluppa su quattro ordini di palchi oltre il loggione, con il soffitto affrescato con le allegorie delle maggiori opere di Vincenzo Bellini. Il sipario storico è del pittore catanese Giuseppe Sciuti. Nell’elegante ridotto, decorato con marmi e stucchi, troneggia la statua in bronzo di Vincenzo Bellini.
Il teatro ha visto la rappresentazione di numerose opere liriche e la presenza dei più importanti interpreti. Il tenore Beniamino Gigli lo proclamò la migliore sala di teatro al mondo per l'acustica.
Nel 1986 il teatro diventò Ente Autonomo Regionale.
Dispone di un'orchestra di 105 elementi e di un coro di 84 elementi.
Cappella Bonajuto
La cappella Bonajuto, sita all’interno dell’omonimo palazzo, è uno dei pochi edifici religiosi di epoca bizantina superstiti presenti a Catania, eretta tra il VI e il IX secolo d.C.
Si presenta in forma simile alla cuba bizantina, con pianta a croce greca, cupola e tre absidi. L’edificio oggi si trova interrato di circa 2 metri rispetto al piano della strada.
La famiglia Bonajuto, a partire dal XV secolo, prese possesso della cappella, allora dedicata al Santissimo Salvatore, e vi edificò la propria residenza.
Resistette ai diversi terremoti che scossero la città, perfino a quello devastante del 1693. Nel XVIII secolo la cappella fu oggetto di restauri e ristrutturazione. Negli anni trenta subì un ulteriore restauro, a cura di Paolo Orsi e Sebastiano Agati.
Oggi è visitabile ed utilizzata per fini espositivi, conferenze, concerti e altre manifestazioni.
Parco archeologico greco-romano di Catania
È un’istituzione della Regione Siciliana che comprende tutte le aree archeologiche e museali site nella città di Catania e dintorni.
Il parco si occupa di ricerca, tutela, manutenzione, valorizzazione e fruizione di circa un centinaio di siti e monumenti archeologici, fra i quali citiamo l’Acquedotto romano, l’Anfiteatro romano, il Circo romano, il Foro romano, le Terme Achilliane, le Terme della Rotonda, la Tomba di Stesicoro e molti altri.
I reperti archeologici trovati a Catania sono custoditi in due sezioni espositive costituenti l'antiquarium regionale del Teatro romano, Casa Pandolfo e Casa Libérti.
Scarica la guida del Parco
L'Etna
L'Etna, o Mongibello, è un complesso vulcanico che sorge nel territorio della provincia di Catania e sovrasta la cittadina con la sua imponente mole.
Formatosi circa 570.000 anni fa, ha un diametro di oltre 40 chilometri ed occupa una superficie di oltre 1.200 Kmq. Nel corso dei millenni la sua altezza è variata alternativamente in base alla sua attività eruttiva: oggi è alto 3.326 m. s.l.m.
È un vulcano attivo e nel corso della storia le sue eruzioni hanno modificato profondamente il paesaggio circostante, distruggendo o solo minacciando gli insediamenti urbani attorno ad esso e al contempo rendendo fertili i terreni. All’attività vulcanica eruttiva si accompagna un’intensa e costante attività sismica, cui sono soggetti i comuni siti alle pendici dell’Etna.
Benché fortemente distruttive, le eruzioni dell’Etna nel corso della storia hanno generato poche vittime. Si ricorda, per la sua durata di oltre dieci anni, l’eruzione del luglio 1614; l’eruzione del 1669 fu la più distruttiva: durò 122 giorni e distrusse numerosi comuni pedemontani, lambì le mura di Catania, circondò il Castello Ursino e creò oltre un chilometro di nuova terraferma. Altre eruzioni di rilievo si verificarono nel 1928, nel 1971, nel 1981, con la distruzione della strada e della linea ferroviaria, e nel 1983, con la distruzione di impianti sciistici, ristoranti ed altre attività turistiche.
Il 14 dicembre del 1991 ebbe inizio la più lunga eruzione del XX secolo, durata 473 giorni, che minacciò la città di Zafferana Etnea: per questo vennero adottate delle strategie di contenimento con la creazione di barriere in terra, al fine di fermare la discesa della lava, fino all’utilizzo di esplosivi per deviare il flusso magmatico.
L'Etna appare sempre sovrastato da un pennacchio di fumo ed entra in eruzione a periodi abbastanza ravvicinati, talvolta con lunghi episodi di spettacolare attività stromboliana, che attirano visitatori da ogni parte del mondo. Oltre che dai crateri sommitali, frequente è la fuoruscita magmatica da piccole bocche che si formano alle sue pendici: nella "fase moderna" del vulcano si contano almeno 300 tra coni e fratture eruttive.
Nelle parti più alte del vulcano il clima è di tipo alpino, con temperature estive medie di 6 °C ed invernali di -12 °C, caratterizzate dalla presenza di una spessa coltre di neve che, alle quote più elevate, resiste fin quasi all'estate.
Il territorio su cui insiste è caratterizzato da una ricca varietà di paesaggi, dai centri urbani ai fitti boschi, dalle zone coltivate alle desolate aree ricoperte da roccia magmatica.
Allo scopo di preservare questo territorio con le sue biodiversità, nel 1981 la Regione Siciliana ha istituito il Parco dell’Etna. Nel 2013 l’UNESCO ha dichiarato il vulcano Patrimonio dell'Umanità.
Alle alte quote il paesaggio si presenta lunare, senza alcuna forma di vegetazione; le prime forme di vita vegetali si incontrano intorno ai 2.500 metri, mentre già intorno ai 2.000 metri si possono trovare pini, faggi e betulle, oltre alla ginestra dal caratteristico fiore giallo. Scendendo di quota è possibile incontrare i vigneti di Nerello, dai quali si produce un vino DOC, pistacchieti (particolarmente famoso e ricercato il pistacchio di Bronte), castagneti, noceti, noccioleti, piantagioni di pere, mele, pesche, ciliegie e fragole. Tutto ciò è favorito dalla fertilità del suolo vulcanico, che conferisce ai prodotti unicità nel sapore e nel colore.
Sul vulcano vivono l'istrice, la volpe, il gatto selvatico, la martora, il coniglio, la lepre, la donnola, il riccio, il pipistrello e alcune specie di serpenti. Sono molto diffusi il falco pellegrino, lo sparviero, la poiana, il gheppio, l'aquila reale, il barbagianni, l’allocco e il gufo.
L'Etna è meta ininterrotta di turisti, interessati al vulcano e alle sue manifestazioni; per questo sono presenti guide specializzate e mezzi fuoristrada che in sicurezza conducono i visitatori fino alle alte quote. È possibile fare escursioni a piedi: si può visitare la Valle del Bove, i crateri sommitali, le circa 200 grotte usate fin dall’antichità come rifugio o per conservare la neve. È possibile anche fare un più comodo giro panoramico con la Ferrovia Circumetnea, che gira intorno all’anello inferiore del vulcano.
Sulla montagna si trovano anche due stazioni sciistiche, Etna sud ed Etna nord: da quella sud, lo storico Rifugio Sapienza, si può ammirare il golfo di Catania e la valle del Simeto; da Piano Provenzana, a nord, sono visibili Taormina e le coste della Calabria.
Sulle pendici e sulle alture è possibile incontrare numerosi santuari e luoghi di culto, eretti per devozione o per grazia ricevuta.