La Storia
Pregevole cittadina barocca, scrigno di storia, bellezze naturali ed architettoniche.
La storia di Sortino è molto legata alla famiglia nobile dei Moncada e successivamente agli eredi di Modica. Il feudo di Sortino fu concesso dall’imperatrice Costanza ad Arnaldo Conte di Modica, alla cui famiglia rimase fino al 1477, quando fu acquistato dalla famiglia Gaetani Baroni, originari della Toscana, che la governarono fino al XVIII secolo.
Danneggiata dal terremoto del 1542 e completamente distrutta da quello del 1693, fu in seguito ricostruita in collina.
I Gaetani furono per più di tre secoli i protagonisti della storia di Sortino, ed ebbero un ruolo importantissimo nella ricostruzione post-terremoto del 1693.
Nel territorio sortinese, ricco di vegetazione varia dai fiori profumatissimi, si perpetua da millenni la produzione del miele. Furono infatti gli Arabi, durante la loro occupazione della Sicilia, ad insegnare alle genti del luogo come produrlo.
Dal 1981 a Sortino si tiene ogni anno la Sagra del Miele, con una notevole affluenza di visitatori provenienti da tutta la Sicilia. Questa manifestazione, oltre che il miele, offre tante altre genuinità quali olio, formaggio, arance ovali e i tipici prodotti della gastronomia locale.
Cosa visitare Architetture religiose
Chiesa Madre di San Giovanni Apostolo ed Evangelista
L'imponente facciata barocca della Chiesa (1734-1759) è composta da tre ordini sovrapposti: nel primo ordine un pregevole portale centrale, affiancato da coppie di colonne tortili e sovrastato da una nicchia ovale contenente la statua di S. Giovanni, e due portali laterali sovrastati da finestre; nel secondo ordine una finestra centrale, affiancata da due nicchie contenenti le statue di Mosè ed Elia; nel terzo ordine la cella campanaria, sovrastata da un timpano triangolare spezzato.
L'interno è a tre navate, che confluiscono nel transetto, su cui è impostata la cupola. Nell'abside sono posti un coro ligneo e una tela raffigurante l'Apocalisse di San Giovanni Evangelista, opera del pittore Cristadoro.
All’interno della chiesa, di particolare interesse artistico alcuni quadri del celebre pittore Vito D’Anna, la volta centrale affrescata dal Cristadoro, un pulpito in legno, l’organo, il fonte battesimale e l’acquasantiera del 1556.
Chiesa di Santa Sofia Vergine e Martire
La chiesa esisteva già nel XV secolo: essa era ed è ancora oggi meta di pellegrinaggio, in quanto si crede che in essa abbia trovato rifugio la santa nel periodo della persecuzione. Nelle vicinanze della Chiesa c’è un pozzo d’acqua, ritenuta miracolosa contro ogni malattia. Adiacenti alla Chiesa vi sono delle cellette, costruite per i pellegrini che volevano ritirarsi in preghiera. La chiesa fu ricostruita nel 1720.
La facciata, composta da due ordini sovrapposti, presenta il portale centrale, delimitato da due colonne tortili, sormontate da una cornice, sulla quale si erge uno scudo coronato; ai lati due portali, sormontati da un timpano curvo spezzato; nel secondo ordine un orologio, collocato in posizione centrale, in un alloggiamento a mo’ di finestra, completata da una balaustra. L'interno, a tre navate, è decorato con affreschi e stucchi.
Convento dei Cappuccini
La fondazione del convento risale al 1556. Distrutto dal terremoto del 1693, venne riedificato nel 1748, grazie alla munificenza dei Principi di Cassaro e Marchesi di Sortino.
Sede del noviziato dal 1764, fu uno dei primi conventi del Sud Italia ad essere riaperto (1879) dopo la soppressione degli Ordini Religiosi del 1866.
La chiesa è dedicata alla Vergine Addolorata. Semplice e poco appariscente, conserva un’opera d’arte eccezionale: un Tabernacolo scolpito in legno intarsiato con vari e rari legni pregiati, quali l’albicocco e la rosa, con particolari in madreperla, avorio, osso e tartaruga. La parte inferiore dell’altare è coperta da un pregevole paliotto in cuoio martellato.
Chiesa della Natività
L’incantevole chiesa barocca dedicata alla Natività (1779) è contigua al monastero di Montevergine. La facciata presenta un movimento concavo–convesso e una ricca trabeazione divide il primo dal secondo ordine culminante in una bella loggia campanaria.
L’interno è a navata unica, l’abside è arricchita da un bell’altare marmoreo sormontato da una tela raffigurante la “Natività”, affiancata da due statue raffiguranti la Fede e la Speranza. Nel pavimento con piastrelle di maiolica è rappresentata “La Pesca Miracolosa”. La volta a botte è arricchita da un affresco, “Il Trionfo della Fede “, opera del pittore Sebastiano Lo Monaco.
Cosa visitare Architetture civili
Pantalica
Nell’Altopiano degli Iblei, nel territorio tra Sortino, Ferla e Cassaro, all’interno di una riserva naturale, ricade Pantalica, misteriosa necropoli preistorica.
Il sito si trova su un altopiano, circondato da canyon scavati nel corso dei millenni dai due fiumi che lo attraversano, l'Anapo e il Calcinara.
Si tratta di oltre cinquemila tombe a grotticella di età neolitico-sicula che si aprono come un alveare sulle pareti scoscese del canyon.
Pantalica ricade nella Riserva naturale orientata Pantalica, Valle dell'Anapo e Torrente Cava Grande.
Nel 2005 il sito è stato insignito, insieme con la città di Siracusa, del titolo di Patrimonio dell'umanità da parte dell'UNESCO, per l'alto profilo storico, archeologico, speleologico e paesaggistico.
Il cuore della riserva è chiaramente la grande necropoli, ma sono presenti anche le rovine di un villaggio fortificato utilizzato anche in epoca greco-romana, e i ruderi degli abitati rupestri di epoca bizantina, grotte trasformate in eremi monastici o in chiese (Grotta del Crocifisso, chiesa di S. Micidiario, chiesa di S. Nicolicchio) le cui pareti conservano ancora tracce di pregevoli affreschi.
La Riserva, oltre all’insediamento rupestre, suscita un interesse naturalistico per la flora e la fauna presenti: macchia mediterranea, bosco (salici, pioppi, platani, oleandri) e sottobosco (euforbia, pungitopo, biancospino); rare specie di rapaci, mammiferi selvatici, anfibi, pesci e rettili, vivono indisturbati in quest’oasi naturalistica.
Sortino diruta
Si tratta dei resti della vecchia Sortino, ubicata lungo le pendici del colle Aita, rasa al suolo dal terremoto del 1693.
Dopo il sisma, la nuova città fu edificata sul pianoro soprastante dove tutt’ora esiste, ma il sito originario non fu mai completamente abbandonato.
Oggi vi si possono ammirare i resti della città medievale, ruderi di vari ambienti tra cui concerie, depositi e abitazioni. Alcuni scavi hanno portato alla luce manufatti di varie epoche che vanno dall'epoca preistorica, greca, bizantina, araba e medievale.
Casa museo dell’apicoltura tradizionale
Aperta al pubblico nel 2003, l'antica Casa dò fascitraru, l'antico laboratorio dell'apicoltore, nasce non come fredda esposizione di arnesi e utensili, ma come "ambiente" che fa comprendere la fatica amorevole con cui gli apicoltori lavoravano.
[La Casa ci mostra - con visite guidate - come i mastri fascitrari costruivano 'i fascetri (le arnie) câ ferra (con la ferula, Ferula Comunis, caratteristico legno poroso e leggero), sui banchi di lavoro, cioè supra ò vancu 'i sgarruzzari (sul banco apposito a tagliare a rocchetti - catrozzi - i tronchi della ferula) e supra ò vancu 'i parari (sul banco adatto a piallare e sfaccettare i rocchetti). La Casa Museo ci illustra pure come veniva effettuata la smielatura dê bbrischi (dei favi) cô cannisciu e cô conzu (col cestone e il torchio). Oltre le panciute giare del miele, trovano posto nella Casa anche il tipico carretto ('a carretta), per le notturne e defatiganti transumanze, i molti fascetri, 'u fucularu acceso per lavare la cera in acqua bollente, i tanti arnesi da lavoro, i depositi di rocchetti, appoggiati alti sulla parete, le lunghe verghe di mandorlo selvatico, di olivastro, di mirto e di bagolaro.] (fonte: https://museoapicoltura.beepworld.it/casa-museo.htm)
Il museo è meta di visitatori, studenti di tutti gli ordini e gradi, e ricercatori.
Museo Civico dell’Opera dei Pupi
Nel 2001 l’UNESCO ha dichiarato questa tradizione "Patrimonio Immateriale dell’Umanità", un tesoro culturale fatto di storie tramandate oralmente, di tecniche artigianali, di immaginario e di uomini.
Il Museo nasce dalla storia e dal patrimonio della famiglia Puglisi, pupari da cinque generazioni: una famiglia che ha visto nascere, svilupparsi, tramontare e poi rinascere l'opera dei pupi.
Il Museo custodisce più di trenta bellissimi pupi della collezione di Don Ignazio Puglisi, artista e puparo, che dipingeva personalmente le tele che facevano da sfondo alle sue rappresentazioni.
Vi si può ammirare il caratteristico teatrino dell’Opera dei Pupi, con varie scene, in un suggestivo percorso fra musica, giochi di luce e fantasia, coinvolgente ed emozionante per grandi e piccini.